Il Tribunale di Civitavecchia – con sentenza dell’8 maggio 2024 numero 756 – precisa che deve ritenersi nulla la delibera assembleare che dispone la conferma di un amministratore revocato con provvedimento giudiziale, affermando che non si applica l’istituto della prorogatio imperi in caso di revoca giudiziale del mandato. Ciò vuol dire che l’amministratore destinatario di un tale provvedimento non può essere reggente neppure per brevi periodi di tempo (nella fattispecie, sei mesi), dovendo immediatamente convocare l’assemblea per la nomina di un altro professionista.
Il fatto
Il caso da cui prende spunto la controversia è un procedimento di revoca giudiziale del mandato amministrativo. In particolare, il Tribunale locale, in sede di giurisdizione volontaria, nel mese di marzo di qualche anno addietro aveva revocato l’amministratore di un dato condominio, assumendo che vi fossero gravi irregolarità tali da legittimare l’adozione della misura prevista dall’articolo 1129 Codice civile. Senonché, l’amministratore revocato, invece, di convocare l’assemblea per farla deliberare sulla nomina di un sostituito ha continuato a gestire la compagine per altri sei mesi circa.
A fine settembre, ne ha disposto la convocazione e chiesto la ratifica dell’attività di rappresentanza posta in essere in sede di mediazione, mediante la delega conferita ad un avvocato, che, puntualmente, la maggioranza ha adottato. Seguiva, il mese successivo, una ulteriore delibera per la nomina di un nuovo amministratore. La delibera è stata impugnata da parte di alcuni condòmini e la questione rimessa alla corte di giustizia locale, la quale l’ha giudicata invalida.
La sentenza
Come noto, l’amministratore di condominio conserva i propri poteri fino a quando non venga sostituito, per cui deve comunque esercitare i poteri connessi alle sue attribuzioni, atteso il carattere necessario dell’ufficio che ricopre e che non ammette soluzioni di continuità (Tribunale sezione XIII – Milano, 7888/2019; Cassazione 6760/2019).
Seppur vero che l’istituto della prorogatio imperii è infatti applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell’opera dell’amministratore (Cassazione 821/2014; Cassazione 18660/2012, Cassazione 1405/2007), è altrettanto vero che «sono ammessi i poteri di proprogatio dell’amministratore di condominio limitatamente alle sole ipotesi di scadenza del mandato, dimissioni o mancato rinnovo dell’incarico, escludendo dalla prosecuzione anche solo temporanea dei poteri in capo allo stesso, nell’ipotesi in cui l’amministratore sia stato revocato per giusta causa» (Cassazioe 6555/2010).
Gli obblighi del professionista revocato
La giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito che l’amministratore del condominio, che sia stato revocato dall’autorità giudiziaria, è tenuto, ai sensi dell’articolo 1713 Codice civile, a rendere il conto della sua gestione e a rimettere ai condòmini tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dall’esercizio cui le somme si riferiscono, ancorché non operi, in tal caso, alcuna prorogatio di poteri in capo ad esso, non essendo ravvisabile una presunta volontà conforme dei condòmini in tal senso ed essendo anzi la revoca espressione di una volontà contraria alla conservazione dei poteri di gestione (Cassazione 19436/2021).
La conclusione tratta è stata quella per cui: «… la revoca giudiziale dell’amministratore di condominio comporta la cessazione immediata dell’incarico e l’impossibilità di qualsiasi prosecuzione del rapporto, anche in regime di prorogatio imperii […]».
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