Il vincolo matrimoniale non è indissolubile civilisticamente e le separazioni coniugali costituiscono una delle controversie più gravose da affrontare nelle aule giudiziarie. Ora, anche le questioni immobiliari, che si intersecano in questi meandri, non sono da meno e molte volte gli ex coniugi litigano sul rimborso delle spese sostenute da ciascuno di essi per il miglioramento dell’ex casa familiare, acquistata congiuntamente in costanza di matrimonio, e, pertanto, rimasta tra di essi in comunione.
Le spese di manutenzione
In effetti, una di queste controversie è giunta sotto le scure del Tribunale di Benevento (definito con sentenza 1235 del 26 giugno 2024) e riguardava il diritto dell’ex coniuge di chiedere e ottenere il rimborso delle spese di manutenzione dell’immobile, sostenute durante la vigenza del rapporto matrimoniale.
Apparentemente, non sembrerebbero esserci dubbi sulla legittimità di un simile diritto in capo a chi ha sostenuto materialmente le spese e ne dimostra l’esistenza, in realtà, però, una simile domanda non è semplice veicolarla in sede giudiziaria, come dimostra l’esito della causa in commento.
Il diritto al rimborso e il preventivo consenso
Iniziamo dalla norma richiamata dal giudice campano, che è quella contenuta nell’articolo 1110 Codice civile, secondo la quale: «il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell’amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso».
In ragione dell’interpretazione del disposto in disamina, il decidente campano ha richiamato alcuni precedenti della Corte di cassazione (Cassazione civile 23 agosto 2017 numero 20283), e, sulla scorta della valutazione del fatto storico a questi sottopostogli, ha concluso affermando che il coniuge anticipatario delle spese di cui trattavasi non aveva diritto al rimborso delle stesse, seppure sostenute per la manutenzione dell’immobile in comunione, siccome non aveva dimostrato il consenso preventivo dell’altro coniuge comproprietario.
Concertazione preliminare tra i coniugi
Il giudice beneventano, al fine di legittimare l’assunto, ha richiamato il principio secondo cui, in tema di spese di conservazione della cosa comune, la norma sopra riportata escludendo ogni rilievo dell’urgenza o meno dei lavori, stabilisce che il partecipante alla comunione, il quale, in caso di trascuranza degli altri compartecipi, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso a condizione di avere precedentemente interpellato o quantomeno, preventivamente avvertito gli altri partecipanti. Solo in caso di inattività di questi ultimi, egli può procedere agli esborsi e pretenderne il rimborso, pur in mancanza della prestazione del consenso da parte degli interpellati, incombendo comunque su di lui l’onere della prova sia della suddetta inerzia che nella necessità dei lavori.
A confermare poi la decisione intrapresa dal giudice in questione è stato anche un appiglio di carattere formale: vale a dire la qualificazione della natura delle opere di cui si chiedeva contezza (ossia, lavori di manutenzione straordinaria) e, quindi, la necessità che vista la relativa peculiarità gli stessi abbisognavano di una concertazione preliminare tra i coniugi che, invece, non c’è stata o almeno non è stata dimostrata in corso di causa.
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