La fiscalizzazione dell’abuso non rende legittima l’opera ma ne evita la demolizione

La fiscalizzazione dell’abuso è un istituto previsto dall’ordinamento per gestire alcuni tipi di abusi edilizi attraverso il pagamento di una sanzione pecuniaria, piuttosto che con l’abbattimento o la demolizione delle opere abusive. Questo meccanismo è previsto dall’articolo 34 del Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001), ed è applicabile solo in determinati casi, quando non è possibile ripristinare lo stato dei luoghi senza pregiudicare l’uso della parte conforme dell’immobile.

La fiscalizzazione dell’abuso non rende legittima l’opera abusiva, ma evita la demolizione. Si distingue dalla sanatoria edilizia, che invece regolarizza l’opera abusiva, subordinatamente alla verifica di conformità urbanistica e al pagamento degli oneri. La fiscalizzazione libera, dunque, il responsabile dell’abuso dall’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi, che viene quindi sostanzialmente legittimato, ai fini amministrativi, per effetto del pagamento della sanzione.

Il caso del sottotetto

Un recente caso di applicazione dell’istituto ai fini della quantificazione del costo è stato trattato dal Consiglio di Stato (sentenza 27 dicembre 2024 numero 10419). in tema di assorbimento di un sottotetto condominiale all’immobile sottostante, nonostante un atto di diniego condominiale, che si era anche concretizzato in un’azione di rivendica della parte comune (in sentenza si legge: «…con sentenza 9 aprile 2019, numero 329, passata in giudicato, il Tribunale ordinario di Trento ha accertato che il sottotetto in questione è oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari»)

Nel caso di specie, le opere abusive avevano creato stabilmente un’unità immobiliare unica, la quale sarebbe rimasta legittimamente tale, quantomeno nei rapporti con l’amministrazione, in forza della fiscalizzazione.

Il calcolo della cifra da versare

Ciò posto è utile comprendere la quantificazione resa da parte dell’agenzia delle Entrate, a cui il Comune aveva affidato l’incarico di stimare il valore delle opere abusive. L’ente impositivo, in particolare, ha determinato l’incremento di valore della porzione di sottotetto condominiale sottraendo dal valore attuale (calcolato considerando i vani come accessori a servizio diretto, quindi con valore uguale ai vani principali), il valore che avevano prima dell’abuso (quali vani accessori a servizio indiretto di quelli principali e non comunicanti con essi).

L’agenzia delle Entrate ha poi stimato il valore venale delle altre opere eseguite nell’appartamento dell’appellante. Infine, il predetto ente ha determinato il valore di mercato complessivo delle opere abusive. Sulla scorta di questa base il Comune ha quantificato la sanzione in circa centodiecimila euro il valore dell’abuso ai fini della fiscalizzazione: il che equivale all’importo pari al 150% del valore delle opere abusive come stimate sopra.

Conclusioni

Resta fermo, tuttavia, l’obbligo di ripristino secondo la citata normativa civilistica nel contenzioso civile con il condominio, che nasce – bene inteso – a tutela però non dell’interesse pubblico all’ordinato sviluppo del territorio, cui si rapporta una situazione giuridica soggettiva attiva del singolo avente natura d’interesse legittimo, bensì del diritto di proprietà dei privati, cui si rapportano situazioni giuridiche soggettive passive.

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