Il fatto. Il gestore del servizio idrico, presupponendo la preesistenza di un contratto di somministrazione, notificava ad un utente apposito atto di citazione, con il quale chiedeva che venisse condannato al pagamento della complessiva somma di Euro 8.305,30, a causa del mancato pagamento delle bollette nel periodo compreso tra il 2005 e il 2012.
L’utente del servizio – che, per comodità, di trattazione chiamerò, d’ora in avanti, Tizia – si costituiva in giudizio, e contestava i consumi addebitatele:l’abitazione, di appena sessanta metri quadri, era abitata dalle figlie ei punti di erogazione dell’acqua erano rappresentati da due unici rubinetti, di cui uno in bagno e uno in cucina. I consumi addebitati in fattura erano, dunque, da ritenersi anomali e non dovuti.
La causa viene sottoposta all’attenzione del Tribunale di Latina, il quale la definisce con Sentenza pubblicata in data 21 marzo 2018. Di seguito i principi sanciti, a tutela dell’utenza finale.
La Sentenza. La fattura non può costituire fonte di prova in favore della parte che la ha emessa (vedi, tra le altre, Cass., 17371/2003, Cass., 5071/2009, Cass., 5915/2011), in quanto, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito.
Pertanto, quando tale rapporto sia contestato fra le parti, essa non può costituire un valido elemento di prova delle prestazioni eseguite, ma può al massimo costituire un mero indizio (ex plurimis, Cass. 15383/2010), a fronte delle contestazioni svolte dall’utente in merito alla effettività dei consumi contabilizzati.
Mette conto rammentare che la giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni affermato che l’obbligo del gestore di effettuare gli addebiti di traffico sulla base delle indicazioni del contatore non può risolversi “in un privilegio probatorio fondato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta, sicché l’utente conserva il relativo diritto di contestazione e il gestore è tenuto a dimostrare il corretto funzionamento del contatore centrale e la corrispondenza tra il dato fornito e quello trascritto nella bolletta” (Cass.,10313/2004; Cass., n. 1236/2003; Cass., n. 17041/2002).
L’onere del gestore di dimostrare la corrispondenza tra il dato fornito dal contatore e il dato trascritto nella fattura (cfr., ex plurimis, Cassazione civile, sez.
III, 2 dicembre 2002, n. 17041) sussiste, pertanto, in considerazione dell’assunto per cui le risultanze del misuratore fanno piena prova del consumo addebitato e i relativi valori devono ritenersi affidabili solo ove (cfr. Cass., n. 1236/2003; Cass., n. 18231/2008; Cass., n. 5232/2004) non siano stati contestati dall’utente.
In generale nei rapporti di utenza il contatore costituisce, infatti, un meccanismo probatorio assistito da una presunzione di idoneità all’esatta contabilizzazione, in ragione dei collaudi e dei controlli sullo stesso esercitati dal gestore del servizio, di talché deve trovare applicazione l’art. 2712 codice civile, a mente del quale: <<Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime>>.
Tale disposizione disciplina un tipo di prova documentale di notevole importanza applicativaconsistente nella riproduzione o nella rappresentazione di fatti o cose mediante l’utilizzazione di particolari procedimenti tecnici.
La norma fa riferimento specifico alle riproduzioni fotografiche o cinematografiche ed alle registrazioni fonografiche, tuttavia il successivo richiamo “in genere” ad ogni altra rappresentazione meccanica di fatti o cose consente di interpretare la disposizione come una clausola generale o una norma di chiusura applicabile ad ogni possibile tecnica di riproduzione e, quindi, anche a quelle sconosciute al momento di entrata in vigore del codice.
In applicazione di tale principio la giurisprudenza e la dottrina hanno affermato che essa contiene la disciplina, tra l’altro, della registrazione dei contatori dell’energia elettrica, del servizio telefonico, del gas, dell’acqua, ecc..
Eppure tale meccanismo probatorio non può ritenersi operante laddove l’utente lamenti il mancato funzionamento del contatore ovvero, come nella specie, la non corrispondenza alle sue risultanze degli importi addebitatigli dalla somministrante.
La convenuta (Tizia) ha, infatti, eccepito che le fatture riportano consumi stimati e non effettivi e la incongruenza degli importi che le sono stati addebitati nelle fatture depositate da controparte.
Di conseguenza, spetta al Gestore del servizio idrico, in ossequio alla regola generale di distribuzione dell’onere della prova, dimostrare che il consumi addebitati all’odierna convenuta fossero scaturiti dalla lettura periodica e in contraddittorio delle risultanze del misuratore.
In difetto di valida prova sul punto, siccome contenuta in documenti formati unilateralmente dalla società concessionaria del servizio idrico, la domanda attorea è stata rigettata.
Conclusione. La Sentenza in disamina svela, con dovizia di particolari, quali sono i presupposti giuridici per contestare efficacemente una cosiddetta “bolletta dell’acqua”, ricordando come, sul piano processuale, l’onere probatorio gravi sul gestore del servizio idrico, in caso di contestazione dei consumi applicati.
Il provvedimento in commento afferma, inoltre, un altro importante principio, vale a dire quello per il quale l’istanza di rateizzazione, con cui la parte ha chiesto semplicemente di dilazionare il pagamento richiesto, non equivale ad atto di ricognizione del debito.
Fonte https://www.condominioweb.com/bolletta-acqua-prova-consumi.15200#ixzz5X88Mq8k5
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