Prima casa in condominio impignorabile dall’agente di riscossione

La Cassazione, con la ordinanza 32759 del 16 dicembre 2024, rinnova l’interpretazione dell’articolo 76 Dpr 602/1973 (modificato dalla legge 69/2013) sulla non pignorabilità della prima casa: assumendo che neppure le procedure già iniziate possono continuare.

I fatti

Un condòmino veneto proponeva opposizione all’esecuzione davanti al Tribunale ordinario di Padova contro il provvedimento di pignoramento immobiliare, promosso dal proprio condominio, nella cui procedura esecutiva aveva dispiegato intervento l’agenzia delle Entrate-Riscossione all’epoca in cui si chiamava Equitalia, per la riscossione di un credito tributario azionato sulla base di alcune cartelle esattoriali. Società che, nel corso della procedura, aveva dichiarato di volersi surrogare al creditore procedente, con atto ritualmente notificato al debitore.

Il Tribunale di Padova, con la sentenza 1406/2013, a fronte dell’eccezione del contribuente di illegittimità della misura esecutiva in quanto fondata su titoli mai notificati e per la mancata prova del credito, accertava il proprio difetto di giurisdizione dal momento che la questione relativa alla legittimità delle cartelle di pagamento era di competenza del giudice tributario.

Il parere della Commissione tributaria

Riassunto il giudizio (anzi riproposto) da parte del condòmino-contribuente davanti alla Commissione tributaria territorialmente competente – il quale eccepiva che l’atto di pignoramento era da ritenere illegittimo trattandosi di prima casa – il “nuovo” giudice adito con la sentenza 243/04/2015 dichiarava il proprio difetto di giurisdizione e la parziale cessazione della materia del contendere. Per il resto rigettava le eccezioni del contribuente, assumendo che le cartelle erano da ritenere legittime e risultavano essere state notificate ritualmente.

Con la sentenza 783/11/2017, la Commissione tributaria regionale del Veneto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava l’estromissione dal giudizio delle Entrate per carenza di legittimazione passiva e respingeva l’appello del contribuente-condòmino, confermando la sentenza di primo grado, a esclusione della condanna alle spese. I giudici di appello, peraltro, ritenevano tardive e inammissibili alcune delle eccezioni sollevate, compresa quella sulla impignorabilità della prima casa, in base a quanto previsto dall’articolo 76, comma 1, lettera a del Dpr 602/1973.

Impignorabilità della prima casa

Quest’ultimo, dunque, decide(va) di rivolgersi alla Cassazione, al fine, soprattutto, di lamentare proprio la violazione dell’articolo 76 per cui: «ferma la facoltà di intervento ai sensi dell’articolo 499 del Codice di procedura civile, l’agente della riscossione non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del ministro per i Lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito a uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente».

Conclusioni

Gli ermellini, bypassando le questioni processuali pregiudizialmente analizzate dal giudice di legittimità (e che, porteranno a dichiarare inammissibile il ricorso), nel merito hanno accolto il motivo di gravame del condòmino-contribuente, esprimendo il principio per cui, in tema di espropriazione immobiliare esattoriale, qualora sia stato eseguito il pignoramento immobiliare mediante trascrizione e notificazione dell’avviso di vendita ai sensi del Dpr 29 settembre 1973, numero 602, articolo 78 e il processo sia ancora pendente alla data del 21 agosto 2013, l’azione esecutiva non può più proseguire. La trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell’esecuzione o per iniziativa dell’agente della riscossione, se l’espropriazione ha come oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore, che non sia bene di lusso e sia destinato ad abitazione del debitore, il quale vi abbia la propria residenza anagrafica (Cassazione, 12 settembre 2014, numero 19270).

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