Il conflitto di interessi, in sé astrattamente prospettato , non è idoneo ad inficiare la validità di una delibera assembleare. La massima è del resto confermata da una recente sentenza del Tribunale Roma, sezione quinta civile, del 12 marzo 2019, n. 5363.
La sentenza è di particolare interesse perché sviluppa anche un altro principio, quello per cui occorre dimostrare una sicura divergenza tra l’«interesse istituzionale del condominio» e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti e abbiano, perciò, concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare. Ne deriva pertanto – ed è questa la conclusione a cui perviene il Tribunale capitolino – che l’invalidità della delibera discende non solo dalla verifica del voto determinante dei condomini aventi un interesse in conflitto con quello del condominio (e che, perciò, abbiano abusato del diritto di voto in assemblea), ma altresì dalla dannosità, sia pure soltanto potenziale, della stessa deliberazione.
In ogni modo, il sindacato del giudice sulle delibere condominiali deve pur sempre limitarsi al riscontro della loro legittimità e non può estendersi alla valutazione del merito, ovvero dell’opportunità, e al controllo del potere discrezionale che l’assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei partecipanti né al giudice può chiedersi comunque di controllare l’opportunità o la convenienza della soluzione adottata dal collegio.
Quindi, ogni volta si prospetti, in un giudizio sull’impugnazione di una delibera condominiale, un vizio sul “conflitto d’interesse” in capo uno dei partecipanti all’assemblea e al voto, è onere di chi ha avviato il contenzioso dimostrare la lesività dell’apporto dato all’approvazione della delibera, a fronte dell’individuazione di quanto la delibera possa essere ritenuta conforme agli “interessi condominiali.
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