Il fatto. Il Condominio di Via Beta ha citato in giudizio Caio, contestandogli di aver avviato all’interno del suo appartamento un bed and breakfast.
Non avrebbe potuto – secondo l’amministratore della compagine – destinare l’immobile a tal fine perché il regolamento condominiale, di natura contrattuale, vieta di “destinare qualsiasi unità immobiliare ad uso… di locanda o pensione“. Caio si è costituito in giudizio ed ha contestato la domanda.
A tal fine ha prodotto un contratto di locazione, da cui risulta che l’appartamento è utilizzato per l’attività di affitta camere (tre stanze), senza uso di cucina, ristorazione e servizio di prima colazione.
Secondo il convenuto, pertanto, l’immobile è destinato ad uso diverso da quello immediatamente riconducibile a locanda o pensione, e, pertanto, il suo utilizzo non sarebbe contrario alle previsione del regolamento.
La sentenza. Nel caso di specie è risultato in giudizio che l’appartamento è stato destinato, in relazione alle tre camere di cui consta, all’esercizio attività di bed and breakfast.
Tale attività consiste in via generale nella cessione in godimento di locali ammobiliati e provvisti delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc..), cui si accompagna la prestazione di esercizi personali, quali la fornitura della biancheria da letto e da bagno e della prima colazione.
Così precisata la destinazione in disamina svolta nell’appartamento di Caio, la domanda del Condominio è stata però respinta.
L’attività di bed & breakfast – come riferito in Sentenza – è sostanzialmente diversa dall’esercizio di una “locanda o pensione“, oggetto del divieto posto dal regolamento condominiale (sulla stessa lunghezza d’onda, Tribunale Roma n. 18303 del 2015).
Quest’ultimi esercizi presuppongono, accanto alla messa a disposizione di una camera per l’alloggio, della prestazione di un servizio di ristorazione ben più ampio della colazione, esteso al pranzo o alla cena o ad entrambi i pasti.
“Pensione e locanda” richiedono, pertanto, una più ampia dimensione organizzativa e di personale, funzionale, infatti, ad una maggiore frequentazione dei locali da parte dei clienti ospitati.
Pertanto, non è stato ritenuto corretto equiparare queste ultime attività con il b&b, almeno sotto il profilo della ratio che informerebbe il divieto regolamentare (per inciso: inibire l’accesso nell’edificio da parte di estranei).
La deduzione è stata ritenuta infondata, segnatamente, perché tale finalità non è stata ritenuta conforme alla previsione della disposizione in disamina, la quale, altrimenti, avrebbe dovuto vietare all’interno degli immobili ubicati in condominio anche l’esercizio di studi per attività professionali (come ad esempio quelli medici).
Non solo. I divieti posti dalla cosiddetta “convenzione tra condòmini” all’uso dei beni esclusivi sono di stretta interpretazione e non sono suscettibili di applicazione né estensiva né analogica, in quanto concretizzano una limitazione al diritto di proprietà, che, in astratto, contempla a favore del suo titolare le facoltà di pieno e libero godimento del bene (a tal uopo, sono so state richiamate le pronunce: Cassazione civile 21307 del 2016; 14460 del 2011)
Del resto, il regolamento ha inteso limitare il divieto alla sola destinazione a locanda o pensione, cioè ad una organizzazione stabile destinata alla ricezione di ospiti con prestazioni di vitto e alloggio e non anche ad altre attività in cui è comunque prevista la cessione in godimento di parti dell’appartamento a terzi, anche per periodi limitati.
Tanto si ricava dalla considerazione circa la mancata menzione in esso, tra le attività vietate, di quella di affittacamere, che è la sola a cui può essere limitato il b&b.
In conclusione, per il Tribunale di Roma tra il bed & breakfast e le “locande e/o pensioni” sussistono delle differenze quantitative e qualitative che, in quanto tali, sottraggono la prima attività al divieto posto da una norma regolamentare.
Fonte http://www.condominioweb.com/bed-and-breakfast-in-condominio.14616#ixzz59iogy82T
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