Non si può rinunciare alle parti comuni per evitare di pagare il condominio

«Io ritengo che il mio immobile non partecipi al condominio per cui non voglio pagare nulla». Quanto tra virgolette, in estrema sintesi, è l’affermazione di un condòmino (meglio definirlo ingiunto) addotta con l’obiettivo di p opporsi alla richiesta di pagamento contenuta in un decreto ingiuntivo da parte dell’amministratore, richiamando pure precedenti giudicati intervenuti tra le parti. La questione, in sé complessa – più di quanto possa apparire il breve excursus di presentazione – è pervenuta sotto le scure della Cassazione che l’ha definita con sentenza 9996 del 28 marzo 2021.

La vicenda
Per quel che qui interessa i motivi formulati dal “presunto” partecipante al condominio partivano dalla lettura dei rogiti notarili di rispettivo interesse, a mente dei quali, a suo avviso, non si menzionava affatto alcuna parte comune di rilievo e interesse per l’unità immobiliare compravenduta. Inoltre, venivano richiamati dei giudicati “formali” intervenuti con il condominio dai propri danti causa (che avrebbero, sempre a dire dell’opponente, escluso la partecipazione a date e specifiche spese richieste in pagamento).

I giudici di legittimità, per l’appunto, iniziano dall’esaminare questa ultima fattispecie: ovverosia la portata dei giudicati (cioè di precedenti sentenze intervenute tra le parti per definire situazioni solo apparentemente analoghe).L’esito, in tal caso, del giudizio non è favorevole al condòmino opponente, per un semplice motivo, siccome declinato in sentenza, vale a dire quello per cui il giudicato in tema di controversie collegate al pagamento degli oneri condominiali assume rilievo limitatamente alla controversia a cui fa capo nel merito e non spiega effetto nella definizione dei rapporti sostanziali tra le parti (cioè nei confronti del condominio).

L’esonero dal contributo accertato giudizialmente
Semmai fosse stato così, cioè laddove la convenzione (vale a dire la clausola di esonero dal contributo degli oneri condominiali portata dall’articolo 1123, comma 1, Codice civile a cui si fa riferimento) fosse stata accertata giudizialmente sarebbe stato necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condòmini, nessuno escluso. In altri termini, l’accertamento della appartenenza della proprietà esclusiva in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, così come i medesimi accertamenti sul punto contenuti nei precedenti giudizi di opposizione ex articolo 63 disposizioni di attuazione al Codice civile (richiamati dal ricorrente al fine di lamentare la “nullità” del decreto o la violazione del “giudicato”), giammai sono in grado di travalicare – così sovviene testualmente il provvedimento in esame – l’interesse relativo ai rispettivi giudizi in cui sono stati compiuti e non possono perciò influire altresì su liti diverse insorte o che insorgeranno fra le stesse parti.

Il condominio orizzontale
Quanto poi alla nozione di “condominio” i giudici di legittimità hanno cura di precisare che lo stesso si configura non solo nell’ipotesi di fabbricati che si estendono in senso verticale ma anche nel caso di beni adiacenti orizzontalmente, purché dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato articolo 1117 Codice civile. Peraltro, pure quando manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, la condominialità di un complesso immobiliare, che comprenda porzioni eterogenee per struttura e destinazione, può essere frutto della autonomia privata.

Infine, l’opposizione del condòmino-opponente è stata risolta richiamando (anche) la previsione dell’articolo 1118 Codice civile. In questo caso – così chiosa la sentenza in commento – il condòmino, nel formulare la sua protesta, ha omesso di confrontarsi con quest’ultimo precetto, il quale vieta la cessione della proprietà esclusiva separata dal diritto sui beni comuni legati ai primi per effetto di incorporazione.

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