La giurisprudenza è stata sempre rigorosa nell’interpretazione del concetto di doppia conformità urbanistica e sulla relativa portata operativa.
Il “permesso in sanatoria” può essere concesso solo nel caso in cui l’intervento risulti conforme sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione del manufatto, che alla disciplina vigente al momento della presentazione della domanda.
Con l’istituto del cosiddetto “accertamento di conformità”, nella disciplina sia dell’articolo 13, legge 47/1985 sia dell’art. 36, DPR n. 380/2001, infatti, il legislatore ha inteso consentire la sanatoria dei soli abusi formali, cioè di quelle opere che, pur difformi dal titolo (o eseguite senza alcun titolo), risultino rispettose della disciplina sostanziale sull’utilizzo del territorio, e non solo di quella vigente al momento dell’istanza di sanatoria, ma anche di quella vigente all’epoca della loro realizzazione (Tribunale Amministrativo Regionale Campania – Salerno, Sezione 2, Sentenza 14 dicembre 2020 n. 1933).
La sanabilità dell’intervento, in altri termini, presuppone necessariamente che non sia stata commessa alcuna violazione di tipo sostanziale, in presenza della quale, invece, non potrà scattare la potestà sanzionatorio – repressiva degli abusi edilizi prevista dagli articoli 27 e ss. Decreto presidente della Repubblica n. 380 del 2001.
Anzi, proprio la doverosità dell’esercizio di siffatta potestà rafforza quanto appena detto circa la sanabilità, attraverso gli artt. 13 e 36 e ss., delle sole violazioni formali. Si tratterebbe delle opere minori rientranti nelle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del Decreto-legge n. 269/2003, cioè quelle che non comportano alcun aumento di superficie
Non può ammettersi, infatti, a pena di introdurre una contraddizione all’interno dello stesso corpus normativo, che il legislatore, da un lato, imponga alla Pubblica Amministrazione. di reprimere e sanzionare gli abusi edilizi e, dall’altro, acconsenta a violazioni sostanziali della normativa di settore, quali rimangono – sul piano urbanistico – quelle conseguenti ad opere per cui non esista la c.d. doppia conformità, dovendosi avere riguardo al momento della realizzazione dell’opera per valutare la sussistenza dell’abuso (T.A.R. Napoli, sez. VIII, 17/09/2020, n. 3870).
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