“I criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall’art. 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione può essere contenuta sia nel regolamento condominiale (che perciò si definisce “di natura contrattuale”), ovvero in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimità, o col consenso di tutti i condomini (ad
es., Cass. Sez. 2, 17/01/2003, n. 641).
La natura delle disposizioni contenute negli artt. 1118, comma 1, e 1123 c.c. non preclude, infatti, l’adozione di discipline convenzionali che differenzino tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di gestione del condominio, attribuendo gli stessi in proporzione maggiore o minore rispetto a quella scaturente dalla rispettiva quota individuale di proprietà.
In assenza di limiti posti dall’art. 1123 c.c., la deroga convenzionale ai criteri
codicistici di ripartizione delle spese condominiali può arrivare a dividere in quote uguali tra i condomini gli oneri generali e di manutenzione delle parti comuni, e finanche a prevedere l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime (Cass., sez. 2, 04/12/2013, n. 27233; Cass. Sez. 2, 25/03/2004, n. 5975; Cass. Sez. 2, 16/12/1988, n. 6844).
Come autorevolmente spiegato da Cass. Sez. U, 09/08/2010, n. 18477, la sostanza della «diversa convenzione», ai sensi dell’art. 1123, comma 1, c.c., da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, è, pertanto, quella di una dichiarazione negoziale, espressione di autonomia privata.
Ne consegue che l’interpretazione delle clausole di un regolamento condominiale contrattuale, contenenti una disciplina convenzionale di ripartizione delle spese, ai sensi dell’art. 1123, comma 1, c.c., è sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, ovvero per l’omesso esame di fatto storico ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (arg. da Cass. Sez. 2, 30/06/2011, n. 14460; Cass. Sez. 2, 31/07/2009, n. 17893)”.
Argomentazione tratta dalla Ordinanza 24925 del 2019
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