Sono due gli aspetti toccati dalla Corte di Appello di Palermo e riguardano, entrambi, due aspetti fondamentali della “vita” professionale dell’amministratore condominiale. L’ambito da cui emergono i principi di cui si darà atto, ad ogni buon conto, è riconducibile ad un procedimento camerale, in sede di cosiddetta giurisdizione volontaria (azionata su ricorso in tema di revoca dell’amministratore).
La portata degli assunti, tuttavia, è tale da poter essere mutuata altrove, con i dovuti accorgimenti di sorta. L’autorevolezza della Collegio decidente poi fa il resto.
Il fatto. Due condòmini ricorrenti si sono rivolti all’Autorità giudiziaria al fine di chiedere la revoca del proprio amministratore, atteso che lo stesso non aveva reso il conto della gestione per più di due esercizi, ovvero aveva omesso la convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto entro il termine di legge (180 giorni).
In sede di prima fase, il Tribunale adito, aveva respinto l’azione, pur costatando l’assunto fondante, poiché riteneva che non si potesse revocare un amministratore in “prorogatio imperi [1] “, ovvero oltre il biennio dal conferimento dell’incarico (secondo la tesi dell’1+1).
Nondimeno, il giudice di prime cure riteneva insussistenti i presupposti per la nomina di un nuovo amministratore, stante la contestuale richiesta spiegata dai condòmini ricorrenti (in ragione di due assemblea non costituitesi).I ricorrenti, a fronte di quanto innanzi, spiegano reclamo avverso al provvedimento e si rivolgono alla Corte di Appello di Palermo.
Il provvedimento. La Corte di merito dà atto del ragionamento svolto dai reclamanti, e, con il provvedimento in commento, precisa come non sia apprezzabile la tesi sulla prorogatio imperi depotenziata – quale ragione ostativa alla revoca giudiziale dell’amministratore – per le seguenti ragioni.
- (l’assunto) non appare convincente né sul pianodell’interpretazione testuale della legge che, là dove stabilisce la durata annuale dell’incarico e il rinnovo per eguale durata, sembra potersi riferire al primo incarico e ad ogni incarico successivo, sia esso di matrice deliberativa assembleare o da tacito precedente rinnovo) né con riguardo alla ratio della disposizione (di cui non si comprenderebbe la finalità restrittiva supposta dal Tribunale e che è, in realtà, mirata a dare espressa disciplina normativa alle situazioni in precedenza legittimate, con esiti non sempre univoci, dalla giurisprudenza mediante il ricorso alla figura dellaprorogatio imperii) né alla stregua di criteri di ordine sistematico
- gli obblighi di comunicazione dell’amministratore “ad ogni rinnovo dell’incarico”, previsti dal secondo commadell’art. 1129 c.c., non si rivelano meno incongrui per il primo rinnovo tacito di quanto non appaiano per i taciti rinnovi successivi; la limitazione dei compiti dell’amministratore cessato dall’incarico alle sole attività urgenti, ai sensi dell’art. 1129, co. 8, c.c., non implica logicamente l’esclusione della reiterabilità del rinnovo tacito annuale dell’incarico, ben potendo riferirsi ai casi di cessazione dall’incarico per revoca, dimissioni, scadenza seguìta da presa d’atto assembleare o da omessa accettazione del rinnovo da parte dell’amministratore; la previsione dell’art. 1135, co. 1, n. 1, c.c., nell’attribuire all’assemblea dei condòmini la competenza a confermare l’amministratore e a deliberare la suaretribuzione, non si pone in conflitto con la possibilità del rinnovo tacito né con la reiterabilità di esso)
In altri termini, per il giudice del gravame il mandato dell’amministratore, dal punto di vista temporale, si configurerebbe come sine die.
Non solo. Ad avviso della Corte di Appello siciliana, affinché si possa perfezionare il rinnovo tacito del mandato con l’amministratore occorre che lo stesso, al pari dell’iniziale conferimento, manifesti, anche per fatti concludenti, la volontà al rinnovo (pur specificando analiticamente , secondo le “forme” del caso, l’importo preteso a titolo di compenso, come, d’altronde, previsto ex lege).
Viceversa, nel caso in cui ciò non si verifichi, l’effetto giuridico e fattuale conseguente sarà quello della vacatio nella carica, da supplirsi – qui secondo valide ragioni e fondate legittimazioni di sorta – con un nuovo intervento dell’assemblea dei condòmini, ovvero del giudice su ricorso dei condòmini stessi.
Ecco, allora, che arriviamo al secondo principio statuito dalla Corte siciliana. Il giudice di appello, coerentemente con il ragionamento appena reso, ritiene che la mera convocazione di un’assemblea dei condòmini, da parte dell’amministratore in pectore, per discutere e deliberare in tema di, rispettiva, “nomina o conferma” costituisca un significativo indice della mancanza di un’accettazione espressa o tacita del rinnovo [2] .
Per cui, alla stregua di quanto sopra, il decidente assume che non sia possibile procedere alla revoca giudiziale dell’amministratore, in seno una simile fattispecie, in quanto lo stesso deve ritenersi non titolare di alcun mandato.
Conclusione. Alla stregua di quanto sopra, la Corte di Appello siciliana, anche se con i dovuti distinguo (siccome precisa, ad ogni modo, la necessità della formalizzazione per le condizioni economiche del rapporto di mandato), si uniforma all’orientamento [3] già evidenziato da altre Corti, secondo il quale, l’articolo 1129, comma 10, codice civile, laddove prevede che l’incarico dell’amministratore condominiale si intende rinnovato per eguale durata, ribadisce, rispetto alla previgente disciplina, la durata annuale dello stesso e stabilisce, inoltre, in assenza di revoca o di dimissioni, l’automaticità della sua rinnovazione.
Logico corollario dell’assunto è poi quello di ritenere non revocabile un amministratore dimissionario o considerato tale, come avvenuto nel caso in specie, ritenendo che la convocazione di un’assemblea con la specifica della nomina dell’amministratore, ovvero della rispettiva conferma, sia, a tal uopo, ostativa.
=> Durata dell’incarico di amministratore, alcune precisazioni
[1] Ritenuto che l’assunto del Tribunale postula che l’art. 1129, co. 10, prima parte, c.c. (a tenore del quale “L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata”) sia da interpretare nel senso che l’incarico dell’amministratore, alla scadenza del primo anno di durata, sia rinnovabile tacitamente per un altro anno soltanto, decorso il quale, in mancanza della nomina di un nuovo amministratore da parte dell’assemblea o dal giudice, si instaurerebbe una situazione di prorogatio imperii ad effetti ridotti, quale configurata dal comma ottavo dell’art. 1129 c.c. (limitata al compimento delle “attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”);
[2] L’assunto poi continua con siffatta argomentazione: indice da considerarsi prevalente sugli elementi di apparente segno contrario (apparente ma non inequivoco, stante l’incertezza delle coordinate ermeneutiche di cui la pendenza di questo stesso procedimento è, per taluni aspetti, un riflesso) che potrebbero desumersi dalla natura degli altri argomenti posti al medesimo ordine del giorno;
[3] Cfr, da ultimo Tribunale di Bologna, sezione III, 29 marzo 2018. Va menzionata, altresì, la Corte di Appello di Venezia, a tal proposito, ha riferito che : “invero, ex art.1129 comma decimo c.c., così come riformato, il rinnovo dell’amministratore è, per così dire automatico, essendo prevista la permanenza in carica dell’amministratore condominiale, per il caso in cui per qualsiasi motivo, non venga nominato altro soggetto, o non venga riconfermato l’incarico a quello attuale, con conseguente conferma dell’istituto della prorogatio” (Corte d’Appello di Venezia, sezione seconda, 14 gennaio 2015).
Fonte: https://www.condominioweb.com/la-durata-del-mandato-dellamministratore-condominiale.15836
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