La seconda convocazione dell’assemblea dei condòmini è condizionata dall’inutile e negativo esperimento della prima, sia per completa assenza dei condòmini, sia per insufficiente partecipazione degli stessi in relazione al numero ed al valore delle quote.
L’articolo 1136, comma II, così recita: “Se l’assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci gironi dalla medesima;”.
La seconda seduta deve quindi celebrarsi il giorno successivo a quella prevista per la prima e non oltre dieci giorni da essa. La disposizione va letta in uno a quella riportata nel quarto comma dell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione al codice civile, introdotto dalla legge 220/2013, laddove prevede che “L’assemblea in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima”.
Sovente occorre, tuttavia, che alcuni amministratore stabiliscano la seconda seduta assembleare nel medesimo giorno in cui si tiene la prima, ritenendo che, in tal modo, possano agevolare lo svolgimento e la cura delle formalità conseguenti.
Ma è realmente corretta tale prassi? E, in ogni caso, le modalità di convocazione, tra prima e seconda seduta, possono inficiare la validità del deliberato conseguente.
Ragiona sul merito di tale domande il Tribunale di Potenza esaminando un fattispecie “ante riforma”. La sentenza del 06 dicembre 2016 fornisce, tuttavia, un buon spunto per fare il punto della situazione e meglio approfondire il regime di validità delle delibere assembleari.
Il fatto. Un condòmino di uno dei tanti condomìni presenti nel capoluogo della Basilicata ha contestato la validità della delibera assembleare emessa dall’assise di cui fa parte perché la stessa era stata adottata in seconda convocazione. Il motivo di gravame spiegato atteneva, in particolare, il giorno di celebrazione della seconda seduta assembleare. La stessa, infatti, era stata fissata dall’amministratore il medesimo giorno della prima, a poche ore di distanza. Da tanto, il predetto condòmino, ricavava la conclusione per chiedere l’illegittimità della decisione ivi assunta.
Il condominio convenuto ha contestato il rilievo dell’assunto. Ha affermato che dalla circostanza dedotta non si può ricavare l’invalidità della statuizione, offrendo un’interpretazione dell’inciso normativo in considerazione (articolo 1136, comma 3, codice civile) “aperto” ed “elastico”.
La sentenza. Prima dell’analisi del ricorso, con cui l’istante ha chiesto la nullità della deliberazione in questione, il decidente ha ritenuto opportuno fare un distinguo fra delibere nulle e annullabili, richiamando, a tal proposito, i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza nr 4806 del 07.03.2005.
Lo stesso, a tal proposito, ha convenuto che devono qualificarsi nulle:
TABELLA DELIBERE NULLE |
le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali; |
le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale al buon costume); |
le delibere che hanno come oggetto circostanze che non rientrano nella competenza dell’assemblea; |
le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini; |
le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto. |
Allo stesso modo, il giudice potentino ha ritenuto che devono qualificarsi annullabili:
TABELLA DELIBERE ANNULLABILI |
le delibere con vizi relativi alla costituzione dell’assemblea; |
le delibere adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale; |
le delibere affette da vizi formali, involuzione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di informazione o di convocazione dell’assemblea; |
le delibere genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione; |
le delibere he violano norme che richiedono qualificate maggioranze, in relazione all’oggetto. |
Ciò posto, il giudice potentino ha rilevato che dalla lettura della convocazione assembleare – oggetto della disputa – emergeva che, in effetti, l’amministratore aveva proceduto a convocare l’assemblea dei condòmini, in prima e seconda seduta, per il medesimo giorno: a poche ore di distanza.
Ora posto che il dettato codicistico dell’articolo 1136, comma tre c.c. dispone che “l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima“, lo stesso ha ricavato che tale difformità sia in sé da censurare e quindi da ricondurre al novero dei motivi che dispongono l’annullabilità del deliberato.
Conclusione. L’esame di tale Sentenza ci dà modo di analizzare i rapporti tra prima e seconda seduta assembleare. Relazioni “temporali, che si sono definitivamente cristallizzate con l’introduzione del quarto comma dell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione al codice civile, laddove precisa che la seconda convocazione non può tenersi nel medesimo girono solare della prima.
La seconda seduta, tuttavia, mantiene un “automatismo” eventuale, ovverosia è possibile darvi luogo solo se la prima riunione abbia dato esito infruttuoso. Tanto non vuol dire che in prima convocazione i condòmini, ove presenti in numero e valore inferiore rispetto la previsione normativa di che trattasi (1136 c.c.), non siano in grado di deliberare. L’effetto che, in tal caso, si produce – al ben al di là dell’eventuale illegittimità (da valutarsi in altra sede) – è quello per cui è preclusa la possibilità di consentire la costituzione della riunione dell’assemblea stessa in seconda convocazione (salva l’ipotesi in cui, in tale sede, vi intervengano tutti i condòmini, compresi quelli che avevano preso parte alla riunione in prima convocazione; cfr, Cassazione civile 1930/1982).
Infine, va riferito che una volta accertata la regolare convocazione dell’assemblea condominiale in prima e seconda convocazione, in relazione ai termini che vanno osservati, la mancata redazione del verbale, che consacri la mancata riunione dell’assemblea in prima convocazione, non impedisce, né invalida l’assemblea indetta in seconda convocazione (tra le tante, Cassazione civile 24.01.1989 n. 590)
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