L’amministratore è tenuto a gestire la cassa condominiale tramite un conto corrente dedicato. L’articolo 1129, comma sette, codice civile, al riguardo, riferisce che. “L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio […]”.
L’adempimento dell’obbligo normativo è apprezzabile sotto due diversi profili:
- Salvaguarda le finanze dei condòmini mandanti e garantisce la corretta tenuta del registro della contabilità (d cui agli articoli 1130 nr 7 e 1130 bis Codice civile).
- Protegge l’amministratore-mandatario dalle pretese che potrebbe esercitare il Fisco in ordine alla riconducibilità delle entrate ricevute e sulle presunzioni reddituali.
Sotto tale ultimo aspetto, la Corte di Cassazione, con Ordinanza del 17 maggio scorso (nr 13075), precisa quali rischi corre l’amministratore “incauto” che si avvalga di un proprio conto corrente per far transitare fondi condominiali.
Il fatto. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo effettuato sul reddito denunciato da un amministratore di condomini, ha verificato che nel rispettivo conto corrente sussistevano flussi di danaro che, più che potenzialmente, fossero in grado di generare entrate superiori a fronte di quelle formalmente dichiarate (245 mila rispetto appena 40 mila). In forza di ciò, ha rettificato la relativa dichiarazione; ha accertato una maggiore somma imponibile; ha rideterminato l’esatto valore delle imposte da versare a titolo di IRPEF e IVA (sulla base del maggiore imponibile); ha applicato le sanzioni e gli interessi del caso.
In primo e in secondo grado, il giudice tributario dà ragione all’amministratore, ritenendo superabile la “presunzione legale” di cui all’articolo 32 del D.P.r. 600/1973 esercitata dall’Ufficio. Le giustificazioni offerte dall’amministratore, circa la riconducibilità delle rimesse presenti sul proprio conto da parte di taluni condòmini sono state ritenute, a tal proposito, sufficienti e adeguate. La Corte di Cassazione perviene però ad una conclusione opposta e rimette gli atti di nuovo alla commissione tributaria competente.
La Sentenza. I giudici di legittimità hanno affermato che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche effettuate su conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’articolo 32, DPR 600/1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina una inversione della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea ai fatti imponibili (conforme, Cass. civ. 18081/2010).
Conclusione. In buona sostanza, l’amministratore, al fine di andare esente da responsabilità fiscali di sorta, è tenuto ad evitare che sul proprio conto corrente affluiscano rimesse di natura condominiale, laddove estranee a quelle afferenti il proprio compenso professionale. Logico corollario del principio è quello per cui l’amministratore, ottemperando all’obbligo imposto dall’articolo 1129 comma sette (..obbligo a far transitare le somme ricevute… su un conto condominiale), tutela, anche e soprattutto, le proprie finanze dalle presunzioni fiscali che, diversamente, gli potrebbero essere opposte (come accaduto nel caso in questione).
http://www.condominioweb.com/confusione-patrimoniale-del-conto-corrente-condominiale.13829
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