I condòmini che gestiscono la manutenzione del marciapiede comunale si assumono la responsabilità penale nel caso in cui l’intervento effettuato diventi causa di lesioni a terzi
Merita di essere segnalato il caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione, sezione penale (definito con Sentenza nr 32905 del 12 agosto 2021), con riguardo alla responsabilità dei proprietari di immobili, laddove intervengano a curare la manutenzione di un marciapiede pubblico.
Il caso
Il caso da cui prendeva spunto la controversia riguardava la denuncia per lesioni colpose presentata da un passante contro i proprietari di box sotterranei: i quali, per evitare il ripetersi delle infiltrazioni provenienti dalla copertura sovrastante (rispetto la quale si rinveniva il marciapiede) provvedevano alla manutenzione e al rifacimento dei lucernai in vetrocemento, ma, intervenendo, alteravano la pavimentazione generando un dislivello di circa cm.3 rispetto al normale piano di calpestio.
A quanto pare, l’insidia e il trabocchetto non segnalata si rilevava assai pericolosa per il transito dei pedoni, cagionando un sinistro ad uno di essi.
I due condòmini erano stati cosi dichiarati responsabili del reato di cui agli articoli 43, comma 3, 113 e 590 codice penale (“ Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309 …) e condannati alla pena di giustizia nonché al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile (da liquidarsi in separata sede).
La questione nodale
Il nodo della questione, dal punto di vista penale, riguardava però la valutazione sulla effettiva responsabilità dei due condòmini, nella misura in cui gli stessi non erano i proprietari del marciapiede, seppure fossero intervenuti solo per curarne la manutenzione, gestendo, di fatto, un bene altrui.
Secondo i ricorrenti la sentenza sarebbe nulla per mancata correlazione tra il fatto commissivo contestato e il fatto omissivo per culpa in vigilando ritenuto in sentenza.
Si palesava così un dubbio se la condanna fosse stata comminata in forza di una condotta omissiva o commissiva?
Il provvedimento
Nel caso concreto, la distinzione tra condotta commissiva o omissiva era dunque particolarmente rilevante perché non risultava individuabile, proprio sulla base della situazione di fatto descritta nelle pronunce di merito, non sussistendo alcun obbligo giuridico di impedire l’evento gravante sugli imputati.
Ora, posto che l’evento lesivo si era verificato nella pubblica via e che nessuna convenzione o altro titolo risulta aver dato origine all’obbligo per gli imputati di provvedere alla manutenzione del suolo, l’indagine del giudice penale – rammenta la Corte di cassazione – doveva essere solo funzionale ad accertare se gli imputati avessero posto in essere la condotta contestata, ossia l’apposizione di una toppa in cemento, tale da creare un dislivello, sopra un mattone in vetrocemento sovrastante il box auto di loro proprietà. In buona sostanza, il giudice non doveva preoccuparsi di controllare anche il reale dominio del luogo teatro del sinistro.
Conclusione
Sotto questo aspetto, i giudici di legittimità hanno ritenuto che, nonostante nelle pronunce di merito si sia fatto erroneo riferimento alla posizione di garanzia degli imputati (fattispecie insussistente perché i condòmini non erano i proprietari dell’area), tale errore non poteva ritenersi idoneo ad inficiare la legittimità della decisione, in quanto si era accertato che la materiale alterazione del piano di calpestio fosse ascrivibile agli imputati sul presupposto che costoro avessero tratto immediato vantaggio da tale opera. In quanto tale, è stata ritenuta corretta la rispettiva condanna penale e “civile”.
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