Sono due le questioni trattate dalla corte di Cassazione in tema condominiale, nella ordinanza 6821 dell’11 marzo 2021 , entrambe importanti, per delineare alcuni principi cardine in tema di impugnazione delle delibere assembleari. Gli aspetti toccati dal provvedimento riguardano, da una parte, lo status di condòmino, (anche) nell’ambito della comproprietà di un immobile, e, dall’altra parte, la nomina del tecnico a cui demandare il compito di revisionare le tabelle millesimali previgenti (di natura giudiziaria, nel caso in specie).
Il condòmino comproprietario
Andiamo ad esaminare il primo punto trattato.Chi impugnava la delibera, invero, lamentava di essere comproprietario dell’unità immobiliare e, in quanto tale, affermava che la delibera assembleare fosse invalida nella misura in cui la convocazione di cui all’articolo 67 delle disposizioni di attuazione al Codice civile – seppure in regime ante riforma – non fosse parimenti pervenuta agli altri comproprietari, ossia comunisti.
I giudici di legittimità, nel qual caso, hanno respinto la doglianza, ritenendo di mantenere costante l’orientamento tracciato sin dal 2014 (con ordinanza 9082 ), secondo cui, anche nel caso della comproprietà, la legittimazione all’impugnazione spetta esclusivamente al condòmino pretermesso (quindi, in tale sede, viene esteso tale status e a ciascuno dei comproprietari, che, secondo la novella del 2013, potrebbero ben qualificarsi come aventi diritto).In altri termini, chi sia stato regolarmente convocato non può lamentare che gli altri comunisti non lo siano stati, trattandosi di una lamentela di natura “personale”.
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