Il Compenso concordato con l’assemblea e calcolato sull’importo dei lavori, secondo il sistema di calcolo in percentuale non spetta all’amministratore ove le opere edili di che trattasi non hanno avuto inizio, ovvero laddove l’amministratore non dimostri quale attività ha effettivamente posto in essere per legittimarne la richiesta.
Il Tribunale di Roma – con la Sentenza in commento – ha negato il diritto al pagamento nonostante il riconoscimento economico fosse stato concordato a monte con l’assemblea e suggellato all’interno di una delibera assembleare.
Il fatto
Con delibera del 4 dicembre 2005 l’assemblea ha nominato amministratore il dott. Caio e ha stabilito in Euro 1.300,00 annui il compenso allo stesso dovuto.
Con delibera del 14 maggio 2006 l’assemblea ha riconosciuto all’amministratore un ulteriore compenso per l’attività di gestione dei lavori straordinari da eseguirsi sul Condominio, pari al 2% del costo preventivato dei lavori, con riserva dell’amministratore di riconvocare l’assemblea e chiedere ai condomini stessi come operare laddove fossero mancati fondi per eseguirli.
Rispetto a tale attività, l’amministratore ha concluso un contratto di appalto con l’impresa Beta, ma i lavori non sono mai iniziati per l’assenza di fondi.
Con comunicazione del 3 dicembre 2007 l’amministratore informava di voler rassegnare le proprie dimissioni per l’asserita impossibilità di svolgere l’incarico, stante la mancanza di fondi condominiali (rispondendo – per come si legge in sentenza – al sollecito di alcuni condòmini che richiedevano all’amministratore di convocare l’assemblea per l’approvazione del consuntivo e relativo riparto, nonché le dimissioni dello stesso).
In seguito, l’assemblea ha nominato un nuovo amministratore, revocando contestualmente Tizio.
Nell’assemblea dell’8 novembre 2008 i condomini hanno poi espressamente riconosciuto a questo ultimo i compensi per l’attività di amministrazione ordinaria, mentre nulla hanno delibato a titolo di compenso per i lavori di manutenzione straordinaria, in quanto non eseguiti.
Tizio decide di fare causa al condominio per recuperare il credito, citando la compagine condominiale avanti al Giudice di Pace Roma (e ivi producendo, a tal proposito, apposita fattura fiscale), ma senza mietere alcun successo.
La Sentenza
Il Tribunale con Sentenza del 10 ottobre 2017 – emessa come Giudice d’Appello – ha confermato la statuizione impugnata, in quanto ha ritenuto non raggiunta la prova del credito ammannito da parte dell’amministratore, a titolo di compenso straordinario.
Sono state ritenute insufficienti a provare l’effettiva e completa esecuzione della prestazione le fatture portanti il credito, trattandosi di documenti unilateralmente prodotti che non dimostrano quindi l’esecuzione della prestazione.
Al contempo sono state ritenute infruttuose al fine le delibere assembleari del 4.12.2005 e del 14.5.2006, in ragione del fatto che le stesse sarebbero in grado di dimostrare semplicemente l’esistenza di un accordo dell’assemblea dei condomini sul quantum del compenso, ma non anche la fondatezza e meritevolezza della pretesa creditoria azionata.
E segnatamente: “Ebbene, si condividono le conclusioni del Giudice di Pace per ciò che riguarda l’infondatezza della pretesa creditoria relativa al compenso per l’attività di gestione dei lavori straordinari, rispetto alla quale si ritiene che alcun compenso spetti all’amministratore uscente, non essendo mai stati svolti i relativi lavori, né avendo l’amministratore dimostrato un effettivo ammanco di fondi e il proprio impegno nel recuperarli”.
Analogamente, nessun credito è stato riconosciuto in favore di Tizio per ciò che concerne la somma dallo stesso richiesta a titolo di rimborso per importi che lo stesso avrebbe anticipato, non avendo il medesimo dimostrato l’esborso della somma di Euro 257,90 e l’origine propria delle risorse in questione.
Peraltro, non può valere quale prova del disavanzo neppure il verbale del passaggio di consegne, dal momento che il nuovo amministratore di un condominio, se non autorizzato dai partecipanti alla comunione, non ha il potere di approvare incassi e spese condominiali risultanti da prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore.
Pertanto, l’accettazione di tali documenti non costituisce prova idonea del debito nei confronti dell’amministratore da parte dei condomini per l’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili.
Spetta, infatti, all’assemblea dei condomini il compito di approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l’opportunità delle spese affrontate d’iniziativa dell’amministratore (cfr. Cassazione civile n. 8498 del 28 maggio 2012, con la quale la S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore quand’era già immesso nell’esercizio delle sue funzioni, non integrasse una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata).
Conclusione
La sentenza in commento si fonda su un “fatto storico” alquanto articolato e complesso. Dal contenuto è possibile però trarre un insegnamento di carattere generale. La natura negoziale dell’accordo in tema di compenso “extra” in favore dell’amministratore, impone che per il relativo riconoscimento occorra dimostrare, almeno in giudizio e nelle forme ad esso consone, l’effettiva attività posta in essere.
Va detto che la legittimità di un tale riconoscimento economico discende dal fatto che l’amministratore svolge un’attività piuttosto gravosa, parallela a quella “ordinaria”, non badando solamente alla tenuta della mera contabilità. Questi è tenuto a predisporre – ove non si rivolga a monte ad un legale – alla stesura del contratto di appalto e/o alla verifica che le clausole ivi contenute non dispongano condizioni sfavorevoli al Condominio-committente, ovvero siano consone e non travalichino il mandato conferitogli in sede assembleare. Prima dell’inizio delle opere – possibilmente anche con l’ausilio di un tecnico – l’amministratore è tenuto a denunciarne l’esecuzione alle autorità competenti, a seconda della natura e dell’entità delle medesime. Lo stesso, al contempo, deve procedere al recupero dei fondi occorrenti per dare inizio ai lavori ed evitare che il condominio possa incorrere in esposizioni debitorie. Nondimeno, l’amministratore è tenuto – come in genere previsto in sede assembleare – a curare la pratica per il conseguimento dei vantaggi fiscali discendenti dalle detrazioni IRPEF, previste normativamente. Al termine dei lavori, è poi lo stesso amministratore ad accettare l’opera (e a firmare il certificato di esecuzione a regola dell’arte dei lavori, ove predisposto da parte del relativo tecnico), ovvero a denunciare la presenza di vizi secondo la tempistica prevista dal contratto ovvero dalle norme settoriali.
In buona sostanza, il compenso extra all’amministratore in sede di previsione dell’esecuzione dei lavori straordinari si appalesa come un “riconoscimento” più che dovuto, necessario. Ciò tuttavia, il diritto alla esazione – sempre secondo la sentenza in disamina – è subordinata alla prova della effettiva attività posta.
http://www.condominioweb.com/compenso-extra-amministratore-di-condominio.14450

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