Può un condomino che accusa falsamente l’amministratore di violazione di domicilio essere assolto dal reato di calunnia? La risposta è affermativa, secondo la recente pronuncia della Cassazione (sentenza 14 gennaio 2025 numero 1649), quando l’accusatore è fermamente convinto della fondatezza della propria denuncia.
I fatti
La vicenda riguardava una querela presentata da un condòmino nei confronti dell’amministratore di condominio. Nello specifico, l’imputata lo aveva accusato di violazione di domicilio per aver fatto sfondare un muro che lei stessa aveva realizzato nel sottotetto, che riteneva essere di sua esclusiva proprietà.
La Corte ha ribadito che per la configurazione del reato di calunnia è necessario che l’accusatore abbia la certezza dell’innocenza dell’incolpato. La disposizione in disamina configura un reato plurioffensivo, dato che, oltre che la corretta amministrazione della giustizia, risultano offese anche l’onore ed eventualmente la libertà personale della persona ingiustamente e falsamente incolpata. La Corte ha inoltre precisato che tale consapevolezza è esclusa quando la supposta illiceità del fatto denunciato sia ragionevolmente fondata su elementi oggettivi, corroborati da un apprezzabile margine di serietà.
Il contenuto della querela
Per il caso in specie, si era rilevato che i giudici di merito – che avevano condannato il condòmino per calunnia – non avevano però esaminato in modo sufficientemente dettagliato il contenuto della querela e i documenti allegati, ovvero gli elementi necessari per verificare se l’imputata avesse la ragionevole convinzione di essere proprietaria del sottotetto. Per contro, nella fattispecie, diversi elementi (tra cui il contratto d’affitto, documenti catastali e delibere condominiali) potevano aver ingenerato nel condòmino la convinzione di essere effettivamente proprietario del sottotetto, all’epoca in cui avveniva l’intrusione, per come secondo i giudizi di legittimità ciò fosse effettivamente accaduto.
Conclusioni
Il caso in commento, dunque, evidenzia l’importanza di una accurata valutazione dell’elemento soggettivo nel reato di calunnia, con particolare attenzione alla verifica della consapevolezza dell’accusatore circa l’innocenza dell’accusato, che, nell’ambito condominiale, è resa anche più complessa per il contesto sociale di riferimento.
La sentenza in disamina, pertanto, cassa la pronuncia impugnata e rinvia al giudice di merito, il quale – secondo quanto riportato – dovrà procedere a un nuovo esame della vicenda, concentrandosi specificamente sulla verifica della ragionevole convinzione dell’imputata circa la proprietà del sottotetto e, conseguentemente, sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato contestato.
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