I danni che discendono all’immobile e/o in capo al condòmino stesso possono essere liquidati – ove provati – anche sotto l’egida della fattispecie del “mancato guadagno”. Trattasi di una responsabilità oggettiva, fondandosi sulla relazione di custodia tra un soggetto (il custode) e la cosa, tale da consentire al primo il controllo nella sua interezza della cosa stessa e di eliminare tutte quelle situazioni di pericolo ad essa intrinseche e sopravvenute. (Tribunale di Bari, Sentenza del 03 giugno 2014).
Il caso.
Con atto di citazione Tizia evocava in giudizio innanzi avanti al Tribunale di Bari il Condominio di via Caio in Bari. Assumeva di essere proprietaria di un locale al piano terra dello stabile, ove già tempo addietro s’erano manifestati fenomeni di umidità sul soffitto e sulle pareti causati da infiltrazioni d’acqua provenienti dalla colonna montante dell’impianto idrico-fognante condominiale che attraversava il locale, nonché da un tubo dello stesso impianto sottostante il pavimento. Aggiungeva che poiché l’umidità andava sempre più aumentando al punto da provocare la caduta dei laterizi del solaio e il distacco dell’intonaco dalle pareti, prima, con raccomandata a.r. del primo ottobre 2002, invitò l’amministratore condominiale ad eseguire le necessarie riparazioni e, successivamente, stante l’inerzia di questi, chiese ed ottenne disporsi accertamento tecnico preventivo, dal quale emerse che l’umidità era imputabile a rotture e perdite dell’impianto idrico-fognante comune.
Alla luce di quanto sopra, con l’atto introduttivo del giudizio, Tizia domandava acchè lo stesso condominio fosse condannato ad eseguire le opere e i lavori necessari all’eliminazione delle cause di umidità, nonché al risarcimento dei danni tanto con riferimento alle spese occorrenti al ripristino del locale nelle parti aggredite dall’umidità, quanto al mancato guadagno attesa l’impossibilità di locare l’immobile.
Con comparsa di costituzione e risposta si costituiva il condominio di via Caio evidenziando che, come pure emergeva dalla relazione tecnica elaborata dal tecnico di fiducia, i locali di proprietà della Tizia erano stati per lungo tempo abbandonati, e proprio il totale stato di abbandono, sosteneva, era all’origine dei danni lamentati dall’attrice senza che nulla poteva essergli imputato; tanto più che, a suo tempo, aveva denunciato il sinistro alla compagnia assicuratrice che garantiva lo stabile. Tra l’altro, tale compagnia aveva pure provveduto al relativo risarcimento, con il pagamento della somma di euro 360,00, in possesso dell’amministrazione del condominio. Aggiungeva, inoltre, che già le precedenti amministrazioni condominiali avevano provveduto al ripristino dello stato dei luoghi. Contestava quindi l’avversa domanda risarcitoria e, instava per la chiamata in causa della propria Assicurazioni s.p.a. al fine di essere da questa garantito e tenuto indenne dall’eventuale condanna.
Effettuata la chiamata in causa, all’udienza di prima comparizione all’uopo fissata si costituiva l’Assicurazione convenuta che contestava, la ritualità della domanda di chiamata in causa, oltre che il merito della pretesa esercitata.
Cessazione della materia del contendere. A proposito della domanda di condanna del condominio all’esecuzione delle opere e dei lavori necessari all’eliminazione delle cause di umidità, nelle more del giudizio, veniva rilevato che il condominio convenuto aveva provveduto alla sostituzione dell’ultimo tratto della condotta fognaria. Stante pertanto la sopravvenuta carenza di interesse ad agire e a contraddire delle parti relativamente a detta domanda e venendo conseguentemente meno la necessità di una decisione su di essa, il Giudice de quo, in punto, dichiarava la cessazione della materia del contendere.
Infiltrazioni d’acqua e danno esistenziale. Ipotesi giurisprudenziali
Residuava, pertanto, da definire la domanda risarcitoria esercitata da Tizia, rispetto alla quale è stato osservato come quest’ultima andava inquadrata nell’ambito della responsabilità per danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051 c.c. .
“Detta responsabilità, com’è noto, ha natura oggettiva, fondandosi sulla relazione di custodia tra un soggetto (il custode) e la cosa, tale da consentire al primo il controllo nella sua interezza della cosa stessa e di eliminare tutte quelle situazioni di pericolo ad essa intrinseche e sopravvenute. Laddove vi è una siffatta relazione di custodia, la responsabilità del custode sorge ogni volta in cui la cosa è la causa o la concausa del danno e quest’ultimo si sia prodotto nell’ambito del dinamismo connaturale alla cosa medesima ovvero per l’insorgenza in questa di un processo dannoso. Consegue a ciò l’esclusione della responsabilità del custode in presenza del caso fortuito che, per l’art. 2051 c.c. costituisce il limite della responsabilità del custode (v. ibidem “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”). Ne deriva pertanto sul piano probatorio che incombe al danneggiato l’onere di provare la sussistenza di un rapporto di custodia relativamente alla cosa nonché il nesso materiale di causalità fra la cosa in custodia e il danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode fornire la prova dell’imputabilità dell’evento al caso fortuito, ossia dimostrare la esistenza di un fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità”.
Le singole fattispecie che hanno contribuito a determinare l’entità del risarcimento del danno.
I danni all’immobile dell’attrice furono causati principalmente dalla rottura della colonna montante e dai successivi interventi di ripristino della stessa mal eseguiti. Così almeno ha stabilito l’accertamento tecnico preventivo svolto dall’ausiliare del giudice (preliminarmente all’instaurazione della lite), a cui ci si è affidato.
Ciò ha portato così a concludere verso la responsabilità del condominio convenuto. Viceversa,la stessa compagine, in corso di causa, non è stata in grado di fornire alcuna prova liberatoria rispetto l’apporto causale fornito dalla condotta di Tizia nella determinazione dell’evento dannoso (cfr, art. 1227 c.c.).
Gli interventi di riduzione in pristino dell’immobile sono stati quantificati nella somma complessiva di euro 6.350,00; importo, questo, che poiché ha ad oggetto un debito di valore, è stato rivalutato dalla data in cui è stato monetariamente determinato (4 febbraio 2008, data di deposito della c.t.u.) fino alla data della sua liquidazione definitiva (c.d. taxatio), fissata al giorno della decisione in commento.
Dalle risultanze processuali è emersa altresì la fondatezza dell’altra domanda risarcitoria (mancato guadagno)formulata dall’attrice, laddove connessa al mancato utilizzo del locale a causa dei fenomeni infiltrativi.
Essendo stato provata per testimonianza la circostanza per cui lo stato di degrado in cui versava allora l’immobile non permise a Tizia di concederlo in locazione, e ciò almeno fino al marzo 2004 (ovvero, allorquando pacificamente vi furono gli interventi di cui s’è detto sopra per i quali vi è stata declaratoria di cessazione delle materia del contendere), il Giudice adito ha condannato il condominio convenuto al risarcimento del danno per mancato guadagno, stimato, sulla scorta della c.t.u.,secondo il più probabile canone di locazione mensile in euro 220,00, moltiplicato per diciotto mensilità (euro 3.960,00).
Conclusione. Il dato da tenere in considerazione nella sentenza di merito in commento, riguarda l’ampliamento delle tipologie di danni invocabili in casi analoghi a quello ivi trattato, potendosi estendere la richiesta risarcitoria anche al caso relativo del “mancato guadagno”.
La domanda risarcitoria esperita dal condomino, va inquadrata nell’ambito della responsabilità per danni cagionati da cose in custodia, ai sensi dell’art. 2051 c.c. atteso che gli organi preposti all’amministrazione del condominio sono tenuti a provvedere, quali custodi, ad eliminare le caratteristiche dannose originarie o sopravvenute della cosa e specificatamente a provvedere alla manutenzione e alle necessarie riparazioni della condotta fognaria dell’edificio condominiale.
Ne consegue che il condominio, quale custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., in persona dell’amministratore, rappresentante di tutti i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, risponde dei danni che siano derivati al singolo condominio per difetto di manutenzione.
Tribunale-di-Bari-Sentenza-del-03-giugno-2014
Fonte http://www.condominioweb.com/infiltrazioni-il-condominio-deve-risarcire-anche-il-danno-da-mancato.11437#ixzz3PejIXTDJ
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