Le Sezioni unite Cassazione hanno riconosciuto la legittimità delle servitù di parcheggio/posteggio, superando un acceso contrasto giurisprudenziale, tra le pronunce che ne negavano la configurabilità per assenza del requisito della realità (proprio del diritto di servitù) e altre ancora che ne ammettevano la costituzione in virtù del requisito della predialità, enunciando il seguente principio di diritto: «In tema di servitù, lo schema previsto dall’articolo 1027 Codice civile non preclude la costituzione, mediante convenzione, di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un veicolo sul fondo altrui purché, in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione e sempre che sussistano i requisiti del diritto reale e in particolare la localizzazione» (sentenza 13 febbraio 2024 numero 3925).
La vicenda processuale
La causa da cui nasceva la controversia giudiziale era collegata alla dichiarazione di nullità – per impossibilità dell’oggetto – di una servitù di transito e parcheggio riportata in un contratto di compravendita. La questione in sé, di importante impatto pratico sul requisito della ambulatorietà soggettiva e/o con riferimento all’ermeneutica contrattuale (tra negozi con effetti obbligatori o con effetti reali), ha suscitato la necessità di porre rimedio all’incertezza collegata ai difformi orientamenti giurisprudenziali, in modo univoco e risolutivo.
L’acquisizione di un vantaggio personale
Il primo orientamento – a cui avevano aderito i giudici di merito (risalente al 2004) – riteneva che il parcheggio di autovetture su di un’area può costituire legittima manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, ma non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù.
Secondo questo orientamento, quanto rileva in questi contratti, è la “commoditas” (la comdità, la convenienza) di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedano al fondo (anche numericamente limitate), così da risolversi in un vantaggio affatto personale dei proprietari.
A fondamento di quanto riportato veniva precisato che il nostro sistema giuridico non prevede la facoltà, per i privati, di costituire servitù meramente personali (cosiddette servitù irregolari), intese come limitazioni del diritto di proprietà gravanti su di un fondo a vantaggio non del fondo finitimo, bensì del singolo proprietario di quest’ultimo, nell’ambito del diritto d’uso, ovvero nello schema del contratto di locazione o dei contratti affini, quali l’affitto o il comodato.
L’ammissione della costituzione di una servitù
Il secondo orientamento – a cui le Sezioni unite hanno aderito – pone i primi passi nel 2017 con la sentenza 6 luglio, numero 16698, alimentato dalla spinta offerta dalla dottrina che ammetteva, a certe condizioni, la possibilità di costituzione della servitù di parcheggio, sulla base della regola per cui: «la tipicità delle servitù volontarie è di carattere strutturale, non contenutistico».
In questi termini, viene valorizzata l’autonomia delle parti (articolo 1322 Codice civile) che possono asservire i propri fondi per collegarli al transito e al parcheggio di autovetture (passi affini e tra loro complementari), rendendo promiscuo il vantaggio tra quello reale, collegato ai fondi, e quello personale, connesso alle utilità personali.
A fondamento di quanto riportato, circa l’inquadramento del rapporto tra parcheggio e bene immobile all’interno della categoria delle servitù prediali, le Sezioni unite argomentano richiamando tre presupposti sostanziali.
Le motivazioni della Cassazione a Sezioni unite
Il primo è collegato alla legge urbanistica sui parcheggi in condominio (articolo 18 della legge numero 765/1967), in cui il legislatore ha mostrato di favorire la destinazione di spazi privati a parcheggio, al fine di decongestionare gli spazi pubblici. E, da questo punto di vista, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che in tali casi si configura un diritto reale d’uso in favore dei condòmini.
Il secondo è connesso alla sentenza della Corte costituzionale (167/1999) con la quale si è affermata l’illegittimità dell’articolo 1052, secondo comma, Codice civile, nella parte in cui non prevede che il passaggio coattivo di cui al primo comma possa essere concesso dall’autorità giudiziaria quando questa riconosca che la domanda risponde alle esigenze di accessibilità – di cui alla legislazione relativa ai portatori di handicap – degli edifici destinati ad uso abitativo.
Il terzo ha preso spunto dallo sfruttamento del lastrico solare in condominio, sulla concessione in godimento ad un terzo per l’installazione di impianti tecnologici (sentenza 8434 del 2020), ivi richiamando la portata dell’articolo 1322 Codice civile (autonomia contrattuale dei privati), secondo l’idea che esso deve essere interpretato in relazione secondo l’assioma per cui, da una parte, l’ordinamento guarda con sfavore a limitazioni particolarmente incisive del diritto di proprietà e, dall’altra parte, l’articolo 2643 Codice civile contiene un’elencazione tassativa dei diritti reali soggetti a trascrizione.
Per approfondimenti
https://ecommerce.ilsole24ore.com/shopping24/parcheggi-in-condominio.html
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