Il Condominio, in quanto ente di gestione privo di personalità giuridica e al netto della previsione di cui all’articolo 1676 codice civile, non è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori (entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto), a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto.
Il Tribunale di Torino con Sentenza del 19 gennaio 2018 ha, infatti, ritenuto applicabile al Condominio degli edifici l’articolo 29, comma 3 ter, del Decreto legislativo 276/2003, a mente del quale: “fermo restando quando previsto dagli articoli 18 e 19, le disposizioni di cui al comma 2 non trovano applicazione qualora il committente sia una persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale“.
Il fatto. Due operai specializzati nel settore edile, deducendo di aver lavorato alle dipendenze di due imprese del settore nei mesi di settembre, ottobre e novembre 2014 per un appalto conferito dal Condominio di corso Alfa, hanno chiesto la condanna in solido delle imprese e del condominio al pagamento delle rispettive spettanze lavorative (uno di questi ha chiesto anche la condanna solidale per il pagamento del noleggio delle struttura di sua proprietà per Euro 7.820,00).
Il condominio convenuto, costituendosi in giudizio, ha chiesto preliminarmente l’estromissione dal giudizio e contestato nel merito le domande.
Le altre due società convenute – nella qualità, rispettivamente, di appaltatore e subappaltatore dei lavori di manutenzione straordinaria – sono rimaste, invece, contumaci.
La Sentenza. La domanda di accertamento dei due rapporti di lavoro subordinato e la conseguente condanna in solido pretesa nei confronti delle imprese edili (quali appaltatori dell’opera) insieme alla compagine condominiale (quale committente) è stata ritenuta, dal tribunale adito,solo in parte fondata.
Esaminiamo, allora, in dettaglio i fatti del processo, per come narrati in sentenza. I testimoni escussi hanno concordemente riferito che entrambi i ricorrenti hanno lavorato presso l’edificio di cui consta il condominio occupandosi del rifacimento della facciata ed osservando il normale orario di lavoro di cantiere.
I testimoni hanno altresì precisato che uno dei ricorrenti era il responsabile dei lavori (circostanza che ne ha comportato l’inquadramento nel 6 livello ccnl edili).
Ulteriori argomenti di prova sono stati poi desunti dal decidente dal comportamento processuale assenteistico delle società edili che non hanno assolto all’onere di comparire in udienza e contestare i fatti allegati in ricorso.
Sulla base di tale compendio probatorio, il giudice piemontese è allora pervenuto alla conclusione per la quale tra i lavoratori ricorrenti e laimpresa sub appaltatrice sussisteva una relazione lavorativa, degna di essere parimenti tutelata con il riconoscimento economico delle spettanze dovute.
Dalla ricostruzione dei titoli di responsabilità, per legittimare una condanna pecuniaria, è stato però escluso il Condominio, quale committente dei lavori. Esaminiamo la motivazione offerta in argomentazione.
Intanto è stato richiamato nel provvedimento in disamina la previsione contenuta dall’articolo 29, comma 3 ter, del Decreto legislativo 276/2003, introdotto dall’art. 6, comma 2, D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251,a mente della quale: “fermo restando quando previsto dagli articoli 18 e 19, le disposizioni di cui al comma 2 non trovano applicazione qualora il committente sia una persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale“. Per cui il Condominio in quanto ente di gestione sfornito di personalità giuridica se non di quella di cui constano i singoli partecipanti, va in tutto e per tutto, equiparato in un soggetto che non esercita alcuna attività di impresa oppure professionale.
Ma la Sentenza in disamina merita di essere segnalata per un altro inciso: sempre pro condominio. Il decidente ha ritenuto, infatti, non applicabile nei confronti della compagine il precetto di cui all’articolo 1676 codice civile, per il quale “Coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda“.
Le somme trattenute dal Condominio e non versate all’appaltatore (o meglio al sub appaltatore), a seguito della diffida stragiudiziale inviata da entrambi i lavoratori ricorrenti, erano state, infatti, successivamente corrisposte in favore di un altro creditore, in quanto l’amministratore aveva dato seguito all’ordine impartito dal Giudice in sede di pignoramento presso terzi, in favore di quest’ultimo.
Sulla base di tale connotazione fattuale, il Condominio è andato esente di responsabilità nei confronti dei lavoratori ricorrenti anche sotto tale ulteriore e nevralgico aspetto normativo.
Conclusione. Il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti i quali sono persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriali o professionali.
Il condominio quindi quale ente di gestione collegiale di interessi individuali sfornito di autonomia patrimoniale e personalità giuridica è escluso dal campo applicativo dell’art. 29 d.gls. 276/03 (conforme Tribunale Milano 2370/11 e 4506/11).
Fonte http://www.condominioweb.com/contratto-di-appalto-contributi-previdenziali.14596#ixzz59inVNHoA
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