Non sempre il condominio è responsabile dei danni subiti dai condòmini o da terzi a causa di cadute all’interno delle parti comuni. Esaminiamo un “caso scuola” appena definito dalla Corte di Cassazione.
Il fatto. La signora Tizia abita, con la propria famiglia, all’interno di un edificio condominiale di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari (IACP) in Siracusa.
Un brutto giorno, la figliola piccina, di appena nove anni, mentre scendeva le scale dell’androne, prive di illuminazione, rovinava per terra, riportando delle gravi lesioni fisiche.
A quanto pare, secondo la ricostruzione offerta dalla mamma, la caduta era stata causata dal venir meno della soglia marmorea del gradino, la quale si sarebbe spezzata all’altezza dello spigolo esterno.
La mamma, pertanto, decide di citare in giudizio il proprietario dell’edificio (IACP) chiedendo, come esercente la patria potestà sulla minore, il risarcimento del danno.
Purtroppo per lei, in primo e secondo grado, la relativa richiesta pecuniaria non trovava soddisfazione. Nessuno dei testi escussi aveva convinto i giudici di merito.
Gli stessi avevano dichiarato di non aver assistito direttamente alla caduta della bambina e le rispettive affermazioni, ad ogni buon conto, erano state ritenute insufficienti a dimostrare che la rottura del gradino di marmo fosse stata generata dal peso di una bambina di nove anni, all’atto del relativo passaggio.
La causa, a questo punto, arriva in Cassazione e viene decisa dai giudici di legittimità.
Il provvedimento. Purtroppo anche in tale sede, la pretesa formulata da parte della signora Tizia è stata ritenuta infondata, o meglio inammissibile. Il gravame interposto alla Sentenza del Tribunale di Siracusa, per come è dato leggere, nel provvedimento, è stato ritenuto privo dei requisiti di autosufficienza per legittimare un’impugnazione quale quella che si deve formulare avanti ai giudici di legittimità.
La Sentenza, in sé, tuttavia, ci permette di riflettere su alcuni punti giuridici di natura sostanziale.
La norma a cui si è fatto, preliminarmente, riferimento nella fattispecie, in quanto ipotesi di responsabilità da cose in custodia, è quello di cui all’articolo 2051 del codice civile, a mente del quale: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito“.
Custode, in particolare, è da ritenersi chi ha il potere di vigilanza e di controllo sulla cosa, e tale potere può essere di diritto ma anche solo di fatto. L’ipotesi contemplata dalla norma sussiste però quando la cosa produca da sola un danno. Diverso è il caso in cui il danno deriva dall’opera dall’uomo: in tale frangente si applica la generale previsione di cui all’art. 2043 codice civile.
Tale norma, a sua volta, definisce la cosiddetta responsabilità per fatto illecito, per cui: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno“.
Orbene, al fine di potersi ascrivere responsabilità, in tale ultimo caso (che è poi quello esaminato dai giudici del procedimento in esame) è necessario che tra fatto illecito ed il danno sussista un “nesso di causalità”.
Cosa vuol dire? Per stabilire quale tra le azioni sia causa dell’evento si fa riferimento al diritto penale (40 c.p.) e, nello specifico, alla teoria della causalità materiale.
Una condotta è causa di un evento solo se essa ne è condicio sine qua non, cioè condizione senza la quale l’evento non si sarebbe prodotto.
Per verificare quando sussista questo “nesso” si guarda alla cosiddetta “causalità adeguata“, per cui la condotta è causa quando, normalmente, è idonea a cagionare quell’evento.
In buona sostanza, nel caso della piccina, bisognava dimostrare che l’evento (la caduta) si sarebbe verificata indipendentemente dalla condotta della minore.
Occorreva, provare, in altri termini, l’intrinseca pericolosità della “cosa”, ovvero l’omessa manutenzione delle scale da parte del condominio.
In quanto circostanza non dedotta in giudizio, il giudice di legittimità ha dato ragione alle difese dello IACP, condannando la signora Tizia a rifondere le spese del giudizio.
Come si suole dire, in quanto caso per lei e al figliola, al danno si è aggiuntato anche la beffa…
Fonte https://www.condominioweb.com/caduta-scale-condominiali.15235#ixzz5X89EfZZT
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