Musica ad alto volume in condominio?
Il fatto. Con Sentenza del 25 gennaio 2017 il Tribunale di Milano ha condannato il responsabile legale di una società di somministrazione bevande alla pena prevista dall’articolo 657 Codice penale, prefissando il diritto al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile (un condòmino) per l’importo di 15.000 euro.
Il caso trattava l’esercizio di un’attività commerciale in ambito condominiale, e, per la movida notturna generata, la propagazione di rumori in grado di arrecare disturbo o turbare la quiete di tutto il vicinato (non solo degli appartamenti soprastanti il locale).
Inoltre, l’esercizio pubblico gestito da Caio (così, permetteteci di battezzare il “responsabile”) non aveva alcuna autorizzazione a svolgere manifestazioni ed eventi con diffusione di misura e/o a utilizzare strumenti musicali.
Si trattava, pertanto, di un “pub/ristorante” che poteva sì somministrare e vendere bevande ed alimenti, ma che non aveva titolo a diffondere musica (fino a tarda notte). La condanna perviene, secondo tale previsione, avanti alla Corte di Cassazione.
Il titolare della Società ricorre in Cassazione – contestando la condanna comminata dal tribunale meneghino – affermando che, al più, poteva essere condannato dai giudici di merito secondo i termini e le condizioni previste nel secondo comma dell’articolo di riferimento, e cioè solo con l’irrogazione di un’ammenda (657 codice penale).
I Giudici di legittimità di cui alla III Sezione Penale, a definizione della vicenda, riflettano sulle diverse fattispecie di illecito (civile, penale e amministrativo) e, con Sentenza pubblicata in data 17.04.2018 e recante nr 17131, diramano una sorte di vademecum sui rumori in Condominio prodotto dagli esercizi commerciali.
La Sentenza. Intanto , il predetto decidente diversifica tre ipotesi, quanto all’esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso all’interno di un condominio. E segnatamente, la Corte di Cassazione precisa che lo svolgimento di tale esercizio integra:
- l’illecito amministrativo di cui all’articolo 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore stante le disposizioni normative in materia;
- il reato di cui al comma primo dell’articolo 659 codice penale qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo alle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la quiete pubblica;
- il reato di cui al comma secondo dell’articolo 659 codice penale, qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relative ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995 (Sezione III, n. 5735 del 21/01/2015).
Pertanto, la fattispecie imputata all’esercizio di Tizio è stata legittimamente ricondotta, in assenza delle licenze del caso, alla fattispecie prevista dalla lettera b).
Si è dato anche atto che il locale pubblico di titolarità di Caio aveva arrecato disturbo al riposo e alle occupazioni delle persone, ossia ai condòmini dello stabile milanese, attraverso l’impianto di diffusione sonora.
Di tanto – cioè quanto al superamento del limite del differenziale – si era, nel corso del precedente giudizio, dato prova attraverso le deposizioni testimoniali e secondo i rilievi tecnici dell’Arpa.
Inoltre, per i giudici non è apparso affatto discretiva la circostanza difensiva spiegata da Caioper la quale la portata dell’evento molesto fosse relativa solo a alcuni condòmini e non, invece, a tutti ( i rumori, in buona sostanza, non si propagavano per l’intero edificio).
La Sentenza impugnata, ad ogni buon conto, è stata cassata solo nel capo in cui prevedeva la quantificazione del risarcimento del danno (€ 15.000,00 in favore della parte civile).
A tal riguardo, è stato riferito che in tema di liquidazione del “danno morale”, la relativa valutazione del giudice, in quanto affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, costituisce valutazione di fatto sottratta al sindacato di legittimità se sorretta da congrua motivazione.
Più specificatamente, il giudice di merito ha il dovere di dare conto delle circostanze di fatte considerate in sede di valutazione equitativa e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente i calcoli in base ai quali ha determinato il quantum del risarcimento (a tal proposito, sono state richiamate le pronunce Corte Cassazione, 48416/13; 18099/2015).
Conclusione. L’esercizio di un’attività rumorosa in condomino può essere punita anche in sede penale, se travalica i limiti del differenziale stabiliti dalla legge.
La commisurazione della sanzione dipende poi dalla portata della propagazione molesta generata (rumore o altro), ma ancor prima risente, per l’esatta individuazione della fattispecie normativa da applicare, della contestualizzazione “amministrativa” che legittima (o meno) l’esercizio commerciale allo svolgimento dell’attività “rumorosa”.
Laddove ricorra, infine, un’ipotesi di violazione delle norme di legge, la liquidazione del “danno morale” a chi abbia subito la “molestia”non può convenirsi in re ipsa, ma deve essere giustificata in sentenza dal ricorso ad un apposito iter logico giuridico di supporto motivazionale.
Fonte https://www.condominioweb.com/musica-ad-alto-volume-in-condominio.14843#ixzz5H3YPo1St
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